Emptiness, la forma del vuoto
Sin dall’antichità, il mondo occidentale ha visto lo spazio vuoto come un’assenza alienante, una mancanza, una lacuna necessariamente da riempire. Con queste immagini intendo dare forma al vuoto, riempirlo con il nulla, creare un perimetro che lo racchiuda, quasi per esorcizzare e combattere l’inquietudine che psicologicamente deriva da esso. Una sorta di traduzione visiva, letterale nonché simbolica del vuoto, in cui far nascere un confine che descrive la forma e divide un dentro (noi) da un fuori (realtà). Creare un limite separatore che ci contiene ed allo stesso tempo ci divide dal mondo esterno, una sorta di traccia luminosa che forma orizzonte visivo. Un perimetro che circoscrive metaforicamente lo stato d’incertezza, di disagio, quasi di sofferenza che proviamo quando sentiamo impellente la necessità di riempire di senso la pagina bianca che sentiamo dentro di noi o quando avvertiamo la vacuità delle parole che abbiamo utilizzato nel tentativo di farlo. Avere il coraggio di affrontare questa sorta di horror vacui, che crea immobilità fisica e mentale, significa non fuggire da esso, ma starci dentro e trovare il giusto significato da dare alla sensazione di vuoto che spesso ci accompagna. Creativamente, positivamente, cercando le giuste energie per affrontare il viaggio della vita, allontanando lo stato di precarietà esistenziale. Come nella filosofia buddista, dove il concetto di Emptiness descrive la profonda ed intima relazione che governa ogni cosa. Nulla esiste che sia indipendente dal tutto che lo circonda, con gli spazi vuoti e l’assenza che sono tanto importanti quanto il pieno, la materia e la presenza.



























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